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Il watermarking a tutela del vero nell’era del deepfake

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Il watermarking a tutela del vero nell’era del deepfake

Applicazioni tecnologiche, facilmente accessibili e fruibili su larga scala (ad esempio i filtri immagine della fotocamera di qualunque smartphone) consentono ormai non solo di correggere il mondo reale, ma di trasformare ciò che è vero in una immagine apparente, quindi falsa.

Si ritoccano dettagli, i contorni vengono ridefiniti, si sceglie l’intensità cromatica, si gioca con il contrasto luci/ombre, si eliminano difetti. I margini tra realtà e finzione si sgretolano, fondendosi, nell’illusione di un risultato che dell’originale porta forse solo la cifra dell’idea originaria.

Tale fenomeno interessa in modo particolare la realtà non tangibile, ovvero tutto ciò che nasce e si diffonde digitalmente. E’ la nuova dimensione del falso che si crea e si diffonde virtualmente.

Le nuove tecniche di alterazione della realtà complicano il processo di verificazione della riconducibilità del prodotto al suo autore. All’avanguardia tecnologica della falsificazione, dunque, si affianca, speculare, l’applicazione e la ricerca di strumenti per riconoscere i nuovi falsi e, d’altra parte, per tutelare la paternità della creazione.

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